Prevedere… l’arte

Abbiamo intervistato Domenico Fucigna, architetto e partner di TEA Trends Explorers Associated, società di ricerche previsionali sulle tendenze del mercato e consulenza per lo sviluppo di nuovi prodotti. Non si sottraggono alle loro analisi anche l’arte e il design.
a cura di Andrea Grandi

Tutti noi vorremmo saper individuare le principali tendenze di gusto e di costume, ma pochi hanno le capacità per farlo. Domenico, che cura anche il web-channel “Futuro lia” dedicato appunto alle tendenze su designmag.it, è uno di questi e confrontarsi con lui è stato per molti aspetti illuminante.

Da architetto a “cool-hunter”: come è avvenuta questa evoluzione? “Sono sempre stato interessato agli stili architettonici, più che alla progettazione stessa. L’evoluzione, l’in uenza etnica e i melting pot compositivi che portavano alla nascita di nuovi ordini sono state le basi della mia sensibilità nel campo della ricerca estetica. Nel tempo, la curiosità si è concentrata sulle metodiche che portano a comprendere nel profondo le miscellanee culturali da cui derivavano i diverti stili, no a indagare i mutamenti sociali che rendevano l’architettura un prodotto vero e proprio, con un suo mercato particolare che, come ogni altro, risponde alle regole della domanda e dell’offerta. Da qui lo sviluppo di una chiave di lettura più ampia, che mi ha permesso di applicare queste ricerche in altri campi, che sembrano molto distanti, ma che sono gli delle stesse diverse culture globali: la televisione, i motori o addirittura il mondo del credito. Oggi, da tempo, la mia attività, in realtà, è quella del trendsetter, cioè seleziono le tendenze più promettenti tra quelle che il nostro gruppo di cool-hunter ci segnala”.

Come riuscite a individuare le macro tendenze del futuro su un arco temporale di 2 anni, in una società dai mutamenti così repentini? “È un lavoro molto complesso, che ci impegna tutto l’anno e che ha uno sviluppo non lineare, bensì a spirale. L’attività di ricerca comporta diverse fasi di ritorno e ri- con gurazione dei dati. Come si sa, in determinati periodi storici si veri cano condizioni che accomunano le percezioni e i desideri di soggetti anche molto differenti. Gli individui tendono così a unirsi in tribù elettive, che si aggregano intorno a una condivisione di valori e a una comune visione del mondo. Queste tribù possono dar luogo a fazioni, partiti o gruppi di diversa natura, ad esempio segmenti di consumatori. Il nostro lavoro consiste nel comprendere e descrivere questa distinta segmentazione.
Delineando questi gruppi si possono rappresentare i diversi orien- tamenti valoriali e ordinarli in macrotrend estetici e culturali, carat- terizzati da evoluzioni lente e, quindi, in parte prevedibili. Questo aspetto di prevedibilità ci consente di lavorare oggi alle collezioni che troveremo nei negozi tra più di un anno, alle moto che potremo acquistare fra tre anni, alle  ction che vedremo in tv tra qualche stagione. Una certa attività previsionale si fa normalmente in tutte le aziende: fa parte del ciclo produttivo di ogni impresa. Noi lo facciamo in modo specialistico e strutturato”.

Un affermato e riconosciuto cool-hunter può ar- rivare a dettare o, quantomeno, a suggerire le tendenze future, e non solo prevederle e analizzarle? “Una volta individuate le tendenze, partecipiamo con il nostro lavoro alla loro affermazione. È nell’interesse delle nostre imprese, oltre che nostro. Ma non credo che si possa dettare una tendenza contando solo sull’estro creativo personale. Un bravo cool-hunter riesce a non sbagliare mai una previsione e un ottimo cool-hunter riesce a farlo con straordinario anticipo”.

Quali sono e quali saranno le tendenze nel mondo dell’arte? “Il mondo dell’arte è un formidabile produttore di tendenze. Raccontarle e riassumerle brevemente tutte è un’impresa persa. C’è però un’inclinazione che spicca e si protrarrà ancora per molti anni, ed è quella di riportare sotto vesti artistiche la quotidianità, nella sua natura più realistica e cruda: è l’estetica della semplicità e, si potrebbe dire, del banale”.

Se tu fossi un gallerista o un mercante di arte, quali investimenti faresti? “Investirei su quegli artisti che riscoprono le arti minori, trovando l’innovazione dalla tradizione, in una forma di artigianato colto. Un carattere che apparteneva alle botteghe degli artisti rinasci- mentali”.

Quali invece le tendenze future per la moda, il design e l’architettura? “Tutti questi diversi ambiti estetici esprimono una crescente domanda di semplicità. L’emergere di marchi no gender nella moda arrivano addirittura a pulire l’offerta dal punto di vista del genere, superando il concetto di unisex e delineando una sorta di individuo post-umano nel quale i generi si confondono. Ciò risponde a un’esigenza sociale, ma rappresenta anche un punto di rottura e di reazione all’eccesso di trend proposti dal mondo fashion. Questa stessa dinamica ha favorito anche la nascita del fenomeno normcore, che è letteralmente un rifugio nell’anti-stile. Il macrotrend della green economy sta portando una vera rivo- luzione anche nel design e nell’architettura. Troviamo esempi di grande poeticità che ricollocano l’uomo all’interno di un panorama ecosostenibile, dedicandogli luoghi e prodotti che si potrebbero de nire social detox, ovvero in grado di disintossicare la persona dalla pervasività del digitale, favorendo la meditazione e la rige- nerazione mentale”.

Sei mai rimasto stupito dai risultati delle vostre stesse ricerche? “Sì, quasi sempre. La maggior parte delle volte, raccontando lo scenario, mi trovo di fronte un pubblico incredulo. Quando però arrivano le conferme i risultati sono davvero stupefacenti. Ogni nuova proposta, in ogni diverso ambito, può essere letta e inserita nelle diverse macrotendenze, che a poco a poco risultano sempre più evidenti e comprensibili. E l’incredibile precisione con cui arrivano queste conferme, a volte, sorprende e meraviglia ancora anche me”.

Tu personalmente ami l’arte? Quali i tuoi artisti preferiti? “Sì. Amo gli artisti che riescono a comporre con il contesto, in- tegrandolo con l’opera stessa. In questo momento nominerei Felice Varini: un esempio magistrale di questa capacità. Secondo precise angolazioni, le sue campiture geometriche danno vita a suggestivi ologrammi optical che trasformano lo spazio in una tela multidimensionale. Una ricerca sul punto di vista individuale e un’intuizione davvero potente, soprattutto se si pensa agli anni in cui è stata concepita”.

Intervista uscita su Hestetika n.19 del 5/1072015